16 Aprile 2024
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Progetto “Jonathan-Arcobaleno”: a Napoli in ascolto dei più giovani

DI ANTONIO M. CERVO

Il Covid era stato per loro una di quelle tranvate brutte, ma veramente brutte. Non solo perché – come per tutti i ragazzi – avrebbe significato didattica a distanza e isolamento, ma anche perché avrebbe voluto dire STOP a quella “seconda casa” dove ogni pomeriggio ci si ritrovava tutti assieme. Non solo per fare i compiti.

Ci sono vari modi per raccontare del Progetto “Jonathan-Arcobaleno”, che da anni ormai la Cvx “Gesù Nuovo” di Napoli cura nei suoi locali

Ma il modo migliore di raccontarlo è probabilmente dal punto di vista dei ragazzi che ne fruiscono, vedendovi dentro qualcosa di diverso dalla “classica opera di volontariato…” Perché – si sa – i bambini hanno un caleidoscopio di sguardi in grado di colorare quello che vedono di colori che noi adulti rischieremmo di dimenticare, presi spesso dai ritmi frenetici di ogni giorno.

Nato oltre 25 anni fa, il Progetto “Jonathan-Arcobaleno” gemmò dall’intuizione di alcuni fratelli di Comunità, che partirono dall’osservazione, soprattutto, del contesto sociale che li circondava, fino a fotografare quelle che apparivano le emergenze principali a cui tentar di dare risposte.

Progetto giovani Jonathan Arcobaleno Napoli

Oltre a essere tesoro inestimabile di arte e di storia, il centro storico di Napoli (dove ha sede la Comunità) è, infatti, uno straordinario crocevia di giovani, grazie alle decine e decine di istituti scolastici. Ma è, altresì, luogo di incontro di etnie, religioni e culture diverse che animano i vari vicoli di questa parte della città.

Da qui, la scintilla di fondere assieme due sogni: aiutare i ragazzi con un progetto di doposcuola, rivolto prevalentemente (ma non esclusivamente: ci sono, infatti, anche bimbi pakistani, nigeriani, napoletani…) alla comunità srilankese, da decenni particolarmente radicata nel centro storico di Napoli.

Così, con l’aiuto (tra gli altri) di p. Ashley Samarasinghe S.I. (uno dei primi gesuiti che si dedicò alla lotta contro la dispersione scolastica giovanile, anche in altre aree degradate di Napoli), iniziò a scriversi una storia, quella del Progetto “Jonathan Arcobaleno”, che ancora oggi continua a essere narrata, ogni giorno, a dispetto degli anni che trascorrono, grazie al contributo non solo di membri della Comunità ma anche di volontari esterni (tra cui ex docenti, studenti, ragazzi scout).

Progetto Jonathan Arcobaleno Napoli

L’idea di affiancare i ragazzi solo dal punto di vista scolastico non poteva essere sufficiente

Per questo, al “Progetto Jonathan” s’accostò quello “Arcobaleno”, volto a rappresentare uno “sportello ascolto” per le esigenze anche extrascolastiche dei ragazzi e delle loro famiglie. Su tale scia, hanno aperto i battenti, di recente, nuove piste di volo: una scuola di italiano (rivolta non solo ai più piccoli ma anche ai loro genitori, essendo quello linguistico uno dei principali ostacoli da abbattere per un’integrazione reale) assieme a quella di alfabetizzazione informatica.

La fase più critica della pandemia ha rappresentato un momento assai difficile soprattutto per i giovani, strappati dalla loro quotidianità di relazioni e limitati nel loro esistere dalle mura di casa.

Quel periodo (oggi via via sempre più alle spalle, nonostante una parte del doposcuola continui a svolgersi in dad per chi desideri) è servito paradossalmente (e non poco!) a toccare con mano, di nuovo, non solo quanto la Comunità si sforza di fare ogni giorno ma quanto la Comunità rappresenta per coloro che la vivono, anche solo da fruitori dei suoi progetti apostolici.

Durante i mesi di lockdown, dove il Progetto “Jonathan – Arcobaleno” si adoperò per aiutare anche nel sostegno economico e alimentare le famiglie degli utenti (diversi genitori furono licenziati o messi in “stand by” dai datori di lavoro), quello che colpiva di più erano le parole di molti bambini e bambine che raccontavano il loro dispiacere per non poter più “venire al doposcuola”, probabilmente perché – come si dice – “alle cose belle ci fai caso solo quando non le hai più con te”.

Questa è stata ed è per i ragazzi (e per noi) la cifra di un cambio di prospettiva

In quelle parole, “venire al doposcuola”, infatti, non c’era tanto la mancanza del fare i compiti. Ma c’era la mancanza di molto di più, del ritrovarsi cioè assieme ogni volta: doposcuola come sinonimo di giochi, merende fatte insieme, risate (e litigi) tra ragazzi, corse in cortile… Insomma doposcuola come famiglia, come seconda casa. Specie di fronte ai tanti ragazzi le cui famiglie sono costrette a vivere, non di rado, h24 in immobili umidi di pochi metri quadrati…

Queste parole, questi sentimenti incarnati negli sguardi di speranza dei più piccoli sono stati anche per la Comunità qualcosa di segnante: ha ricordato anche a noi, impegnati ogni giorno a dare, che è bello potersi fermare un attimo per… vedere ciò che rappresenti per l’Altro mentre gli sei vicino! Travolti, come spesso si è, dai ritmi battenti del doposcuola ogni giorno, si può rischiare a volte di… non farci quasi più caso.

E… invece… la pausa Covid ha ricordato anche a noi che sono veramente i ragazzi a saper ri-donare qualcosa di molto importante a noi. Che cosa?

Durante una Giornata della Gioventù, Giovanni Paolo II ricordò a braccio un antico proverbio polacco:

“Se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane”. Non per falsificare i dati anagrafici della propria carta d’identità. Certo. Ma perché solo sporcandosi le mani con loro, scendendo nell’arena delle loro paure e delle loro speranze… assieme si inizia a percepire quel qualcosa di “giovane” che torna a correre nelle tue vene, al di là delle prospettive e delle sfumature da cui guardi.

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Un pensiero su “Progetto “Jonathan-Arcobaleno”: a Napoli in ascolto dei più giovani

  • SUSANNA CALIFANO

    Un bellissimo progetto che mira ad integrare queste comunità nel tessuto della nostra città. Un arricchimento per tutti

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