3 Maggio 2024
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Pasqua 2021

Carissimi,
tra una settimana celebriamo la Pasqua di resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Anche quest’anno l’evento storico che fonda la speranza cristiana, quella che non delude chi sa leggere la Storia ed attendere la Salvezza, accade in circostanze di restrizione a causa della pandemia.

Come fratelli e sorelle, uniti nella Comunità Mondiale CVX, abbiamo festeggiato la nascita delle nostre Comunità, le cui origini sono state concepite proprio nel luogo da dove vi scrivo e dove ordinariamente si riunisce l’Esecutivo Nazionale: il Collegio Romano. Il video preparato dall’Esecutivo Mondiale, che è girato in molte nostre Comunità, è stato un vero dono spirituale che ci prepara alle feste pasquali.

Mi fa piacere riprendere, con voi tutti, però un altro evento che ha segnato fortemente la storia della chiesa e del dialogo interreligioso nelle ultime settimane: la visita di Papa Francesco in Iraq.

Un evento così importante sul quale insieme all’Esecutivo Nazionale ci preme ritornare per ricevere luce pasquale sulle nostre persone e criteri di discernimento per il futuro delle nostre Comunità. Riprendo tre immagini che possono suggerirci tre piste di cammino.

La luce del Martirio. 

Incontrando il clero nella Cattedrale dedicata a Nostra Signora della Salvezza di Bagdad, il Papa ha reso omaggio alle vittime dell’attentato suicida, che dieci anni fa costò la vita a tanti cristiani. 

Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita.

Questo l’auspicio di Francesco.

Anche il nostro paese ha conosciuto in tempi recenti il martirio di tanti, sacerdoti e laici, che mossi dall’amore per la giustizia, per la verità, per la legalità, per la difesa dei più deboli, sono stati barbaramente uccisi da bande criminali, manovrate da mafie che hanno contaminato, insieme alla politica, molti altri settori del paese. Da don Giovanni Minzoni a don Pino Puglisi, passando per Moro, Impastato, Mattarella, Bachelet e migliaia di altre vittime che con il loro sangue hanno fecondato la nostra vita civile, reso credibile la nostra fede.  La loro memoria va custodita con geloso amore. Va rivissuta per aiutarci a vincere un virus peggiore del Covid, il virus dello scoraggiamento e del fatalismo. Onorare il loro ricordo comporta chiedere la grazia di metterci sempre in gioco, di non consideraci mai arrivati, di cercare insieme come servire Cristo nell’umanità del nostro tempo.

L’immagine familiare del tappeto.

Il Papa riferendosi alle molteplici confessioni cristiane presenti in quella regione, usa l’immagine del tappeto che è composto dall’intreccio di tantissimi fili diversamente colorati: tutti insieme, nessuno escluso compongono un disegno stupendo. L’immagine del tappeto persiano, “non solo attesta la nostra fraternità, ma rimanda anche alla sua fonte. Perché Dio stesso è l’artista che ha ideato, che lo tesse con pazienza e lo rammenda con cura”. 

E riprendendo Sant’Ignazio di Antiochia, aggiunge: «Nulla esista tra voi che possa dividervi, […] ma vi sia un’unica preghiera, un unico spirito, un’unica speranza, nell’amore e nella gioia». Com’è importante questa testimonianza di unione fraterna in un mondo spesso frammentato e lacerato dalle divisioni! 

Richiamando poi esplicitamente le divisioni storiche presenti nelle Comunità, specifica: “A volte possono sorgere incomprensioni e possiamo sperimentare delle tensioni: sono i nodi che ostacolano la tessitura della fraternità. Sono nodi che portiamo dentro di noi; del resto, siamo tutti peccatori. Tuttavia, questi nodi possono essere sciolti dalla Grazia, da un amore più grande; possono essere allentati dal perdono e dal dialogo fraterno, portando pazientemente i pesi gli uni degli altri (cfr Gal 6,2) e rafforzandosi a vicenda nei momenti di prova e di difficoltà”.

Un monito quanto mai opportuno per tutte le chiese e per tutti gli uomini di buona volontà. Un monito quanto mai opportuno quindi anche per noi e per la famiglia ignaziana presente nel nostro paese. Sappiamo farci promotori di convergenze, sappiamo progettare la costruzione di ponti, sappiamo metterci in fraterno servizio gli uni degli altri? 

Le buone intenzioni non sono sufficienti. Occorrono progetti. Occorre sognare insieme. Fare insieme gli EVO può essere un buon punto di partenza, non di arrivo. Dobbiamo discernere insieme dove lo Spirito ci vuole condurre per essere sale e lievito nella Chiesa italiana.

Guardare il Cielo per camminare sulla Terra.

A Ur dei Caldei, nella pianura che ricorda Abramo, padre del Monoteismo, con vibranti immagini poetiche, Francesco ribadisce la tematica disegnata nell’Enciclica Fratelli tutti. Ciò che il concetto non riesce ad esprimere se non per difetto, la poesia lo manifesta attraverso un intreccio di simboli, la cui ricchezza non si finisce mai d’interpretare. Ritorniamo alla poesia. Non per far salotto, ma per aprirci il cuore ed elevarlo a prospettive di eternità. Anche il povero e l’illetterato hanno diritto a gustare il bello dell’arte, a sognare con la melodia poetica di un canto. I canti spirituals sono nati tra gli schiavi delle piantagioni americane.

Guardiamo il cielo.

Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo. … Alziamo gli occhi al Cielo per elevarci dalle bassezze della vanità; serviamo Dio, per uscire dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi, che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità. … Penso ai giovani volontari musulmani di Mosul, che hanno aiutato a risistemare chiese e monasteri, costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell’odio, e a cristiani e musulmani che oggi restaurano insieme moschee e chiese.

Questi i frutti dell’autentico scrutare il Cielo. Questi i frutti della vera preghiera!

Camminiamo sulla terra. Ricordando la chiamata di Abramo ad uscire da quella terra (casa, parentela, famiglia … per divenire padre di una famiglia di popoli), il Papa ci invita ad uscire definitivamente dalle logiche dell’inimicizia, dalle logiche degli armamenti, per intraprendere percorsi di pace fondati nella giustizia. 

Da dove può cominciare allora il cammino della pace? Dalla rinuncia ad avere nemici. Chi ha il coraggio di guardare le stelle, chi crede in Dio, non ha nemici da combattere. Ha un solo nemico da affrontare, che sta alla porta del cuore e bussa per entrare: è l’inimicizia.

Abbiamo tra di noi magnifiche esperienze di integrazioni multietniche. Bergamo, Genova, Roma, Cagliari, Napoli, Reggio, Palermo e tanti altri luoghi nei quali siamo a servizio di immigrati, luoghi nei quali lo straniero è entrato nelle nostre case e le ha rese più belle, più luminose, più vive, perché si sono dimostrate più ospitali. Abbiamo tra di noi tanti, giovani e meno giovani che sono impegnati in prima linea nella promozione della giustizia, unica strada per costruire serie relazioni pacifiche. Tanti sono impegnati nella durissima battaglia politica per il disarmo e la conversione delle spese militari in spese per la creazione di posti di lavoro pulito. La pandemia con tutte le sue limitazioni non ci ha impedito di compiere dei passi in avanti in questo senso, coinvolgendo un po’ tutti, incluso le comunità religiose.

Il corso di formazione per guide e il laboratorio socio-politico, realizzati in modalità on line, sono

stati un importante ed efficace segno. Non dobbiamo accontentarci. Dobbiamo poter osare di più. Tutti insieme come famiglia ignaziana e come chiesa locale e nazionale. Quale il nostro contributo alla preparazione di un Sinodo per l’Italia, reclamato da tante voci?

Augurio Pasquale.

Mi fermo a queste tre suggestioni che raccolgo dallo storico viaggio di Papa Francesco in terra caldea. Com’è vero, carissimi, che tutto ciò che ha forte valore di luce in un contesto specifico, proprio in forza della sua capacità di infondere speranza e forza, diventa allo stesso tempo occasione di luce e di salvezza universale, capace cioè di infondere speranza e forza all’azione nei contesti più disparati. Il glocale, come ci ricordava anni fa nei nostri Convegni la prof.ssa Giuliana Martirani!

Lasciamoci convertire da queste prospettive di luce. 

Lasciamo ai piedi della Croce, il prossimo Venerdì Santo, le nostre stanchezze, paure, la tristezza che a volte serpeggia per l’invecchiamento dei nostri gruppi, gli scoraggiamenti, la volontà di tirare i remi in barca. 

Andiamo oltre la Tomba Vuota, nel mattino di Pasqua, e mettiamoci in cammino alla guida dello Spirito, sull’annuncio dei discepoli e delle Comunità di credenti che attraverso i secoli ci hanno testimoniato che Gesù è vivo e cammina avanti a noi. 

E la forza dello Spirito ci doni il gusto di spenderci fino all’ultimo, in offerte di maggior valore. 

Buona Pasqua,

P. Massimo Nevola S.I. e l’Esecutivo Nazionale CVX

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