9 Novembre 2024
Cristiani nel mondoFocusScenari

Laici e Politica: è ancora tempo di sporcarsi le mani? Intervista a Mario di Costanzo

A CURA DI ANTONIO CERVO

Strali lanciati da una parte, sirene scomposte dall’altra, “tam tam” forsennato dei media per tenere a bada chi urla promettendo di più…

La campagna elettorale italiana 2022 non sarà ricordata di certo come fra quelle più pacifiche ma neanche come fra le più originali. Forse l’ennesima riedizione à la carte delle vecchie divisioni (tutte italiane!) fra guelfi e ghibellini.

Eppure, troppi proclami uditi riportano tanti (non solo credenti) a interrogativi antichi: qual è la scelta più vicina ai miei/nostri valori? Chi dice di credere ha veramente ancora voce in capitolo oggi? Come possiamo tradurre in azione l’appello alla “responsabilità civica” (Francesco alle forze politiche – 30/07/2022), che tocca non solo chi la “politica la fa” ma anche chi la sente “dal basso” come impegno quotidiano per l’Altro, per il bene comune?

Di questo parlo oggi con Mario Di Costanzo, già Presidente Nazionale Cvx (1980-1986) nonché già Assessore al Comune di Napoli (1997-2001), che di recente ha ricevuto dal nuovo vescovo di Napoli Domenico Battaglia l’incarico di responsabile alla formazione socio-politica della diocesi.

Caro Mario, grazie per questa intervista che ci hai voluto concedere! Partirei da una domanda che forse sentirai particolarmente, essendo stato anche Presidente diocesano di Azione Cattolica (1992-1997): come si inserisce l’attenzione alla formazione socio- politica nella chiesa di Napoli di don Mimmo Battaglia?

Tutto sommato, si inserisce facilmente. È nota l’attenzione di don Mimmo per le fasce deboli, le persone fragili e, per tanti motivi, indifese. In realtà – se si osserva bene – di fondo c’è un problema politico. Penso, ad esempio, agli ammalati anziani che aspettano mesi per certe analisi o al problema della casa: il patrimonio abitativo pubblico a Napoli è in troppi casi gestito di fatto dalla camorra. Ma, attenzione, le occupazioni abusive non sono solo a Napoli…

È evidente che in queste condizioni gli unici veri penalizzati sono i soggetti deboli che la casa non l’avranno mai. A proposito, l’unico vero Piano-casa nella storia d’Italia risale agli anni ’50, ministro Amintore Fanfani. E questa non è una citazione casuale. E poi penso al tema del lavoro che è più spesso oggetto di polemiche insopportabili che non di proposte costruttive. Insomma, gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Ma, se si osserva bene, questi – al di là dell’impegno del volontariato che è certamente meritorio – sono tutti temi politici. A questo punto hai bisogno di un laicato che abbia conoscenze e competenze cristianamente orientate. La formazione, insomma.

In che cosa consisterà il tuo incarico di responsabile di questo settore?

Dovrebbe essere a più livelli. Tra l’altro, don Mimmo ha creato dei tandem. Nel mio caso, siamo il prof Lucio De Giovanni, che è stato anche direttore del Dipartimento di Giurisprudenza alla Federico II, e io. Ecco, gli ambiti dovrebbero essere almeno due. Quello, per l’appunto, universitario. Le università a Napoli sono, nell’insieme, demograficamente una città. Qui dobbiamo inventarci – sottolineo: inventarci – le modalità, i percorsi giusti per suscitare perlomeno delle curiosità, indurre i giovani a porsi delle domande per vederci chiaro, al di là della routine quotidiana. L’altro livello lo vedo ad intra. Il laicato cattolico è – in linea generale, penso al mondo delle parrocchie – politicamente debole, perché concentrato prevalentemente sulla routine pastorale.

Che significa parlare oggi, nel 2022, di laicato impegnato?

Ecco, perfetto. Però: ho il premesso di essere un po’ provocatorio? Tra l’altro, qui siamo in ambito Cvx, quindi mi sento in famiglia. Ti racconto una storia. Io sono stato formato negli anni del Concilio e quello che ho conosciuto è il laico del Concilio Vaticano II: un laico che prega, che pensa, che sta dentro le situazioni e sulle situazioni sa esprimere giudizi di valore. Dopo di che, nei primi anni ’80, improvvisamente mi accorgo che, quasi inavvertitamente, appare all’orizzonte l’operatore pastorale.

Qui voglio essere chiarissimo e, l’ho detto, provocatorio: non è stato solo un fatto lessicale. Arriverei a dire che c’è stato come il capovolgimento di un modello ecclesiologico. Ma, insomma, chi è l’operatore pastorale? La dico proprio in estrema sintesi: è un laico generosissimo, appassionato, che sa tutto su tutte le pastorali possibili. Ma che ignora, ed è legittimato a ignorare, e forse è giusto che ignori, la vita della sua città. Un laico che non legge i quotidiani, perché è tutto concentrato in parrocchia. Vabbè, forse sto esagerando. Ma siamo proprio sicuri che sia solo un’esagerazione? Vogliamo chiederci che cosa ne pensa papa Francesco? Ce lo dice spesso: laici clericali. Ma cosa vuole dire?

Chi crede, oggi rifugge spesso dalla politica. Quasi come la percepisse come una “cosa non sua”, preferendo magari visioni più introspettive della fede. È solo un’impressione?

Non è affatto un’impressione. È esattamente così. Ed è qui che spunta la questione della formazione. Sono decenni che papi, vescovi, conferenze episcopali ci raccomandano che la dottrina della Chiesa sia“parte integrante dei cammini di formazione di associazioni, movimenti e gruppi”. In un documento, mi sembra Evangelizzare il sociale oppure qualcun altro, non ne sono sicuro, si raccomanda che, cito a memoria, la dottrina sociale della Chiesa sia presente nella catechesi fin dalla prima infanzia.

Insomma, parliamo del magistero sociale. Dobbiamo prendere realisticamente atto del fatto che la dottrina sociale è – salvo lodevoli eccezioni – la grande assente nella vita del laicato cattolico. Ci sono le Scuole di formazione sociopolitica, ma qui andrebbe fatto un discorso a parte e non abbiamo lo spazio. Magari qualche altra volta potrò raccontare l’esperienza di Napoli che è stata molto stimolante. Alla fine: solidarietà, sussidiarietà, stato sociale, diritti, doveri, ambiente, partecipazione, lavoro, legalità e, prima ancora, giustizia… cosa significano esattamente? Quanti conoscono il Compendio di dottrina sociale della Chiesa?

E che dire di quel Chiesa italiana e Mezzogiorno, un magnifico documento della Cei di fine anni ’80? Quanti l’abbiamo letto, studiato, assimilato? Eppure, garantisco, sembra scritto ieri. Debolezza culturale e, come conseguenza, insignificanza politica.

Per dirla tutta: il Magistero della Chiesa non lo si può tagliare a fette e prendere solo quello che mi interessa. Va accolto per intero. Ivi compreso il magistero sociale.

Inevitabile un breve focus sul momento politico attuale: ormai nel panorama politico pare quasi scomparso il profilo di uomini e donne “liberi e forti” che decidono di sporcarsi le mani con la cosa pubblica, mentre tanti temi (sui migranti, sul concetto di famiglia, ecc.) sembrano diventati ormai solo ostaggio delle ideologie: c’è ancora spazio secondo te per un contributo tangibile dei credenti?

Certo che c’è. Ma ad almeno due condizioni e anche su questo l’esperienza di Napoli può essere interessante. La prima è la competenza, Quindi, di nuovo, formazione. A 360 gradi. Qui non c’è bisogno di brave persone. Servono persone brave. Che è un’altra cosa. La seconda è che chi sia disposto a impegnarsi sia espressone di una comunità coesa che ci crede. Diversamente si rischiano frustrazioni e delusioni.

Anche come laici ignaziani siamo chiamati a mettere a fuoco un discernimento significativo sul punto: quali criteri ti sentiresti di suggerire perché ciascuno ispiri veramente le proprie scelte politico-elettorali ai valori che ci caratterizzano?

La tutela dei soggetti deboli. Le scelte politiche, lo capisco, possono essere diverse. Ma tutto, secondo me, deve essere finalizzato a favore di chi non ce la fa. Diversamente, non andremo molto lontano.

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